Poter lavorare da fuori sede, (solitamente si intende da casa) è diventato un punto cardine per le imprese che si sono trovate costrette a portare avanti processi aziendali e relativa produttività in un periodo storico che verrà ricordato per il distanziamento sociale e i lockdown su scala mondiale.
Come si può immaginare, avere la possibilità di svolgere alcune attività lavorative senza necessariamente essere presenti nella sede della propria azienda rappresenta una grande opportunità sia per i vertici che per i dipendenti: dalla parte del lavoratore si avrà il vantaggio di gestire in autonomia il tempo di lavoro; l’azienda potrà invece risparmiare su diverse voci di spesa (pulizie, manutenzione, corrente elettrica etc).
Se da un lato il lavoro da casa porta innegabili benefici, dall’altro i rischi legati alla perdita di dati aumentano in maniera esponenziale.
In seguito all’emergenza sanitaria che ha colpito il mondo da inizio 2019, molte realtà imprenditoriali (soprattutto di piccole e medie dimensioni) si sono ritrovate con la grande maggioranza di lavoratori in regime di Smartworking, questo è accaduto per forza maggiore, nonostante fino a poco tempo prima non fosse una formula utilizzata.
Questo ha portato molte azienda a trascurare il lato della sicurezza, permettendo un utilizzo scorretto dei dispositivi aziendali da parte dei dipendenti.
Molti dipendenti si sono trovati ad utilizzare i dispositivi personali per effettuare operazioni lavorative, tralasciando del tutto o quasi tutte quelle procedure di sicurezza che invece si attuano in sede lavorativa, questo ha messo in pericolo la sicurezza dei dati aziendali; ed è per questo motivo che è compito del datore di lavoro dormire tutti i mezzi adeguati alle attività, o quantomeno gli strumenti formativi per consentire al dipendente di prestare la sua opera in sicurezza, senza mettere a rischio i dati aziendali.
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