Nel corso degli ultimi anni tantissime organizzazioni e aziende hanno deciso di ripensare e reinventare la propria attività.

Questa evoluzione è stata in parte spinta dal particolare periodo storico che stiamo vivendo, oltre che dalle nuove richieste di mercato che vogliono più veloci, e performanti.

Questa tendenza ha portato le aziende a migrare i propri sistemi IT nel cloud.

Potrebbe sembrare una mera scelta tecnologica, in realtà, se si osservano i dettagli, è molto di più.

Non a caso infatti, fin dalle sue origini, lo scopo del Cloud Computing è stato quello di permettere agli utenti di utilizzare questa tecnologia senza per forza avere conoscenze tecniche molto elevate.

Infatti è innegabile che oltre alla riduzione dei costi, la tecnologia Cloud sia utile ai suoi utilizzatori per concentrarsi sul proprio core business senza essere ostacolati da barriere tecnologiche.

Esistono diversi studi che dimostrano che il passaggio alla tecnologia Cloud sia sinonimo di risparmio economico e risparmio in termini di tempo.

Basti pensare al periodo storico in essere dove la pandemia globale ha costretto milioni di persone a dover lavorare da casa: gli utenti che utilizzano la tecnologia Cloud hanno affermato che in essa hanno trovato un mezzo innovativo per poter operare velocemente e in sicurezza in qualsiasi luogo.

Molte aziende infatti, stanno scoprendo e sfruttando nuove opportunità per far fronte alle mutevoli esigenze di business, pensando al Cloud come un modello operativo di medio e lungo termine che impatta in maniera notevole sul modo in cui interagiscono clienti, partner e dipendenti, oltre che il
modo in cui i sistemi IT sono gestiti all’interno dell’organizzazione.

Le aziende “basate sul Cloud” per essere funzionali devono investire nel giusto servizio e nella giusta tipologia di Cloud.

Inoltre, non meno importante è la scelta di implementare procedure avanzate per sfruttare questa tecnologia. Non sono aspetti da dimenticare, considerando che queste scelte possono condizionare i risultati aziendali per almeno i tre (ma anche cinque) anni successivi.